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Autore: autoscuolenelweb

La crisi senza fine dell’industria automobilistica

L’industria e la distribuzione automobilistica stanno vivendo ore terribili a causa della crisi dei chip e delle conseguenze della Pandemia.
Quali sono i problemi che i clienti riscontrano? Auto consegnate da qui a 8-9 mesi, addirittura un anno dopo l’ordine, la disponibilità dell’usato pari a zero, componenti che scarseggiano e costi in aumento.

Insomma una situazione davvero stressante per le case automobilistiche e per i dealer che vivono nella più totale insicurezza e per i clienti in attesa spasmodica di un’auto nuova.

Mancanza dei chip e crisi della catena di approvvigionamento:

Cos’è il chip? È il microconduttore che permette il funzionamento della parte elettrica dell’auto.
È tra le più piccole componenti di un’auto, ma se è prodotto in quantità limitata rispetto alla domanda, la costruzione e la vendita del veicolo sono costrette ad arrestarsi.
Ed è proprio quello che sta accadendo.
Viviamo circondati da prodotti che richiedono l’utilizzo dei chip e la scarsità si traduce in una crisi per tutti i settori, e in special modo per quello dell’auto con relativo crollo delle vendite e un futuro incerto.

Chi lavora nel settore, complice la pandemia, preferisce concentrare le proprie risorse sulla produzione di chip destinati all’elettronica di consumo (smartphone, tablet etc.), più redditizia.
Le fabbriche che in Cina producono chip per auto, hanno riconvertito la loro produzione.

La tempesta perfetta, così come è stata definita la crisi attuale, è stata scatenata da due eventi: l’incendio della fabbrica giapponese Renesas Electronics, che produce componenti elettronici e il blocco del Canale di Suez, i cui effetti sono ancora visibili con ritardi nelle consegne.
Sono tutti sconvolti. I concessionari, molti dei quali non sopravviveranno a questo ulteriore stop; e i clienti che non riescono a trovare in commercio neanche auto usate.
La General Motors, Ford, Honda o Nissan in Giappone, ma anche i colossi europei sono stati coinvolti nella tempesta e in alcuni casi si è reso necessario chiudere le fabbriche per un periodo o far lavorare gli operai con orario ridotto.

E le previsioni per il 2022 non sono rosee.
L’augurio per il mercato automobilistico è che dopo la tempesta, esca fuori il sole.

Pioggia: come guidare in tutta sicurezza

Guidare con l’asfalto bagnato

L’autunno è arrivato e con lui la pioggia. Guidare con l’asfalto bagnato o con precipitazioni molto forti è fonte di ansia e preoccupazione per l’automobilista.
Sulla strada bagnata il veicolo perde di aderenza soprattutto se si procede ad alta velocità o si frena bruscamente.
È giusto conoscere tutti i rischi e i modi per prevenire pericoli e possibili incidenti.

Quali sono i rischi in auto con la pioggia?

  • Minore visibilità: con condizioni atmosferiche difficili, i tergicristalli non riescono a spazzare via tutta l’acqua dal vetro e oggetti e auto sulla strada diventano meno riconoscibili.
    Inoltre, i cristalli si appannano a causa dello sbalzo termico tra interno ed esterno dell’abitacolo.
  • Perdita di aderenza: come anticipato, la pioggia riduce il coefficiente di aderenza dei pneumatici rendendo l’asfalto scivoloso. A maggior ragione se sulla strada sono presenti olio, benzina e altri liquidi che aumentano il rischio.
  • Fenomeno dell’acquaplaning: l’acqua in caso di pioggia battente si raccoglie davanti ai pneumatici in misura maggiore di quanto si disperde.
    In questo caso le ruote slittano e il controllo del veicolo è davvero difficile.
    Il rischio è maggiore se si procede ad alta velocità e al lato della strada, dove si formano pozzanghere e ristagni.

Vediamo ora cosa fare con il tempo avverso:

Per quanto riguarda l’aquaplaning, il consiglio è quello di moderare la velocità e spostarsi il più possibile al centro della strada.
Inoltre, avere pneumatici in ottime condizioni riduce la gravità del fenomeno.
Per rendere più visibile la strada, accendi i fari, magari quelli fendinebbia.
Cerca di tenere il vetro pulito e asciutto per migliorare la visibilità.
Modera la velocità e mantieni la distanza di sicurezza, per evitare che una brutta frenata sia fonte di tamponamento.

Leggi anche come rispettare i limiti per la presenza degli autovelox qui.


Prima di metterti in viaggio, controlla il pieno della tua auto, infatti, la pioggia è causa di traffico intenso e incolonnamenti, quindi è meglio evitare di restare senza benzina.
Ultimo consiglio, se la pioggia, pur con le dovute accortezze, ti impedisce di vedere la strada o le altre macchine, accosta e aspetta che… passi la tempesta!

Il CB: le parole più usate dai camionisti

Il rapporto che i camionisti hanno con il CB è davvero particolare. Si tratta di uno strumento iconico tra camperisti e camionisti, che sfrutta una frequenza radio per scambiare informazioni o comunicazioni su traffico, incidenti, meteo… Grazie a questo strumento si hanno notizie sul traffico delle tratte da percorrere e si istaurano rapporti e amicizie.
Il segnale radio ha il pregio di essere garantito in ogni zona, permette, cioè, di essere sempre raggiungibili.
Il camionista ha sempre gli occhi puntati sulla strada e conosce in tempo reale la presenza di ingorghi o incidenti.

Il linguaggio CB

È un insieme di sigle, modi di dire e numeri usato nelle comunicazioni radio.
Il linguaggio del CB è traslato in parte dall’alfabeto Q usato dai radioamatori, in parte da quello della NATO.
Certo, molte parole sono incomprensibili all’udito di chi non è del mestiere!

La “grande”, per esempio, indica l’autostrada, mentre la “piccola” si riferisce alla statale.
Termini non proprio lusinghieri sono utilizzati per le forze dell’ordine: i “puffi” sono i poliziotti, l’appellativo di “canarini” è usato per la Guardia di Finanza e gli “scarafaggi” sono i carabinieri.

Alcune espressioni riguardano i rapporti familiari, 25 è il numero che indica la fidanzata, 50 la moglie e nel linguaggio dei camionisti c’è posto anche per l’amante, indicata dal numero 75!
Se un collega camionista ti definisce “ascoltone”, significa che non partecipi mai alle discussioni; se ti invita a “caricare le batterie”, significa che ti sta invitando a pranzo; se, invece, deve “caricare le pupille”, ti sta dicendo che è stanco e ha bisogno di dormire.

Anche se molti diventano amici grazie ai canali CB, è bene sapere che sono canali aperti, altre persone possono essere all’ascolto, quindi mai fornire informazioni troppo personali.

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Cavo AUX: come utilizzarlo

Nelle auto più datate è possibile migliorare le prestazioni dell’impianto audio attraverso il cavo AUX.

Il cavo Aux, detto anche mini-jack, è usato in auto per aumentare le prestazioni dell’impianto audio collegando dei lettori esterni, amplificatori o cuffie.
Le vetture moderne presentano sistemi di infotainment già incorporati, tra cui l’impianto audio con radio, lettore CD e MP3, porte AUX e USB ove inserire il cavetto apposito.

Come funziona il mini-jack?

Il cavo AUX deve essere inserito nell’apposito foro circolare tramite un jack dal diametro di 3,3 mm.
I cavi più usati sono quelli delle cuffie o degli auricolari per ascoltare la radio senza utilizzare gli altoparlanti.
L’ingresso AUX è utilizzato anche per migliorare le prestazioni sonore dell’autoradio sia quando non recepisce chiaramente le frequenze sia nel caso in cui non è in grado di reggere un volume troppo alto.
Il consiglio per ottenere ottime prestazioni è quello di adottare un cavo stereo o in alternativa dei riduttori e trasformatori per il passaggio da un cavo mono a uno stereo e viceversa.

Pro e contro dell’uso di dispositivi esterni:

A seconda delle tue esigenze, esistono differenti cavi per autoradio:

  • Mini jack a entrambe le estremità (il doppio maschio)
  • Con doppia presa, AUX e USB
  • Con spinotto specifico per autoradio o per un modello di auto specifico

Il prezzo delle diverse versioni è modesto e accessibile: dai 5 ai 20 euro.
Certo, equipaggiare la propria auto con un cavo AUX ha i suoi pro e contro.
È un sistema semplice ed economico, migliora la qualità dell’audio delle auto con qualche anno, anche se il risultato dei sistemi audio moderni è sicuramente migliore.
Tra i limiti, quello pratico: utilizzare lettori esterni è fonte d’impaccio e distrazione per l’automobilista e il fatto che i dispositivi esterni si scaricano velocemente.

Hai trovato utile l’articolo? Leggi anche come conseguire le patenti di guida.

Patente di guida: storia e curiosità

Francia e Prussia sono i primi paesi a richiedere il conseguimento della patente di guida.
In Francia il primo permesso è rilasciato nel 1883 a Léon Serpollet autorizzato a condurre il triciclo a vapore da lui costruito; in Prussia la prima patente è rilasciata nel 1888.
In Italia, il primo regolamento che nomina la patente di guida è datato 1901 e dice: “Gli automobilisti che devono circolare sulle strade ordinarie saranno sottoposti alle opportune prove”.

La disposizione sulle circolazioni degli “automobili” (allora la parola era al maschile, diventò femminile grazie al poeta D’Annunzio) prevede che il futuro guidatore per ottenere il permesso di guida deve presentare domanda al Prefetto della provincia di residenza, avere la maggiore età e sostenere una prova pratica.

A valutare la prova è il Genio Civile: il candidato deve mostrare abilità nelle “corse di esperimento e manovre degli apparecchi”.
Inoltre, è provvisto di un libretto sul quale annotare le eventuali contravvenzioni.

Qualche curiosità…
Bartolomeo Tonietto, chauffeur di casa Savoia, è il primo italiano a ottenere la patente di guida, mentre la prima donna Francesca Mancusio ottiene l’idoneità a guidare automobili con motore a scoppio nel 1913.

Con la patente rilasciata in Italia è possibile guidare in tutti i Paesi dell’Unione Europea, negli altri Paesi europei (a esclusione della Federazione Russa) e in diversi Paesi extra-europei (in Algeria e Turchia).
Per viaggiare sicuro in auto all’estero consulta i siti dei consolati e il portale Viaggiare Sicuri, selezionando il Paese d’interesse.
Se invece si viaggia in uno stato extra-comunitario è necessario, generalmente, richiedere il permesso internazionale di guida (Patente internazionale) o produrre, a seconda dei casi, una ‘traduzione giurata’ della propria patente nella lingua del Paese che si intende visitare.

Telepass: come ottenerlo e cambiare batteria

Chi viaggia in autostrada sa che, oltre al traffico, una delle grandi incognite è la fila al casello; il telepass è il dispositivo che ti permette di procedere al pagamento automatico del pedaggio, con notevole risparmio di tempo e denaro.
Il costo del dispositivo è accessibile: 1,26 al mese con fatturazione trimestrale, oppure con un contratto dall’importo leggermente più alto, hai la possibilità di pagare la sosta sulle strisce blu, il taxi e il carburante con un’app dedicata.

Come ottenere il Telepass?

Per ottenere il telepass possiamo fare richiesta direttamente sul sito internet, registrandosi e creando il proprio account.
Basta inserire la targa della propria auto, l’Iban, copia documento d’identità e il contratto firmato.
Se non sei avvezzo al mondo online, puoi recarti presso un Punto Blu, ovvero gli sportelli dedicati presenti su tutta la rete stradale tramite i quali sottoscrivere il contratto e richiedere il dispositivo.
Oppure puoi richiedere il telepass alla Posta.

Il funzionamento del dispositivo è semplice: posizionalo sul parabrezza, in questa posizione il telepass può inviare il segnale senza interferenze.
Al suo interno, infatti, è presente un impianto ottico che emette un segnale sia all’entrata in autostrada sia all’uscita. Il segnale è inviato a un trasponder che fa sollevare la barriera. L’addebito sul conto è automatico.

Quanti veicoli possono essere collegati?

Ormai molte delle famiglie italiane possiedono più di un auto, quindi la domanda ricorrente è quante auto possono essere collegate al Telepass.
Con un contratto standard è possibile associare fino a due veicoli a un solo apparecchio, ma aggiungendo un piccolo importo, si può richiedere il Twin, che permette il collegamento ad altri due veicoli.

Lo sapevi che la batteria non è eterna?
Per il modello standard bisogna memorizzare e stare attenti ai segnali acustici che emette.
Tono acuto: transito effettuato con successo
Tono grave: identifica problemi nel dispositivo
Tre toni acuti: la batteria è quasi scarica e occorre cambiare il Telepass
Con il Telepass ricaricabile, invece il livello di carica è indicato da tre tacche, esaurite le quali basta cambiare la batteria.

Tu lo usi?
In autostrada, molto importante è mantenere la distanza di sicurezza. Leggi qui

Monopattini elettrici: diffusione e sicurezza nei paesi europei

I monopattini elettrici  sono nati per incentivare la mobilità sostenibile, ma, come dimostrano le notizie di cronaca degli ultimi giorni, si stanno dimostrando una tendenza pericolosa a causa dell’irresponsabilità di molti e della mancanza di regole precise.
Il boom c’è stato durante il primo lockdown e a oggi secondo la legge del 28 febbraio 2020, il motore del monopattino non deve superare i 500 watt  e la velocità consentita sulle strade urbane è di 25 km/h, 6 km/h sulle pedonali.
L’aspetto più preoccupante è la totale noncuranza di chi guida questi mezzi: dallo sfrecciare tra le auto in due, al tagliare la strada ai pedoni sulle strisce, fino a gite in autostrada o gare notturne clandestine.
È chiaro che in Italia urge trovare una soluzione, ma cosa accade negli altri paesi europei?

Monopattini: i dati del Fersi

A Settembre 2020, FERSI, il Forum degli istituti europei di ricerca sulla sicurezza stradale, ha pubblicato un report che compara la diffusione, la sicurezza e lo status giuridico dei monopattini elettrici in 18 paesi.

Nella maggior parte dei paesi i monopattini sono equiparati alle biciclette.
La categoria dipende dalla velocità e dalla potenza massima. In Finlandia, ad esempio, il monopattino è equiparato a un pedone e viaggia a una velocità inferiore ai 15 km/h.
Il limite di velocità, ad eccezione dell’Ungheria, in vigore varia dai 20 ai 25 km/h.
In due terzi degli stati, chi usa il monopattino non è obbligato a indossare il casco.
Alla domanda se i monopattini siano sostitutivi di altri mezzi stradali, gli intervistati dichiarano che essi sostituiscono la mobilità pedonale e quella sui mezzi pubblici.
Oltre alla mancanza di applicazione delle norme, il parcheggio selvaggio è visto come un problema di sicurezza. Solo in Olanda no, dato l’elevato grado di rispetto dei cittadini.

Limiti di età

Molto interessanti i dati sull’età minima richiesta, in Austria occorre avere 10 anni ed essere in possesso di una licenza per bicicletta; in Francia, 12 anni, ma occorre essere accompagnati da un adulto.
Secondo il Codice della Strada, in Italia, l’età minima è di 14 anni ed è possibile circolare solo sulle strade urbane dove le auto viaggiano a 50 km/h e sulle strade extra urbane su piste ciclabili.
Il monopattino poi dev’essere dotato di un campanello, luci bianche e catadiottri posteriori per circolare al buio.

La mobilità sostenibile va regolamentata

Nel nostro paese il dibattito si è riacceso dopo la morte di un tredicenne a Sesto San Giovanni, anche se i produttori assicurano che non ci sono pericoli e che l’obbligo del casco esiste già per i minori.
Da più parti si chiede un intervento a livello nazionale. Ad oggi sono 4 le proposte di legge presentate in Parlamento: si punta a introdurre l’obbligo di procedere su un’unica fila, il divieto di portare passeggeri, di condurre animali e l’uso solo per i maggiorenni.
Staremo a vedere… di certo c’è la necessità di maggiori controlli e norme più rigide, perché molte città sembrano far west, per riprendere le parole di Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, dopo aver assistito personalmente a un incidente provocato da un monopattino.

Autovelox: dalle origini a oggi.

Chi guida lo sa, l’autovelox è uno strumento molto temuto, ma al tempo stesso importante per la sicurezza stradale. Se usato correttamente, infatti, può essere davvero efficace per il controllo della velocità, soprattutto nelle tratte stradali con maggiore affluenza.

Chi non ha mai sentito parlare degli autovelox? In breve, sono dispositivi utilizzati per misurare la velocità di marcia di moto e automobili.

Quando è stato inventato questo strumento?
Le origini del primo misuratore di velocità vanno ricercate in epoca relativamente recente, esattamente in Germania, nel 1957. In quell’anno l’azienda Telefunken di Berlino produce il primo prototipo di misuratore di velocità e inizia a installarlo in alcune strade tedesche.
Negli anni successivi questi misuratori iniziano a essere testati anche in altre nazioni e in Italia le forze dell’ordine iniziano a disporne nel 1972.
A costruirli ci pensa la Sodi Scientifica, azienda fiorentina che si specializza in futuro proprio nella produzione di questi sistemi per la rilevazione elettronica del traffico.

Il primo prototipo italiano viene chiamato appunto Autovelox. Vi dice qualcosa?
Esatto, all’inizio il nome Autovelox era un nome registrato legato al singolo prodotto. Nel corso del tempo però questo nome ha avuto molto successo a livello linguistico, tanto da entrare prepotentemente nel linguaggio comune come nome e identificare tutta la categoria di rilevatori di velocità.
Una prova? Anche le future pistole laser, basate su una tecnologia diversa, in Italia vengono denominate Autovelox.

Autovelox: multe e sanzioni

Gli autovelox sono considerati strumenti di prevenzione e, per questo motivo, devono essere segnalati precedentemente.
La polizia di Stato, nel proprio sito internet, inoltre rende pubbliche le tratte stradali dove sono presenti gli autovelox, sia fissi che mobili.
Terminiamo infine con il tasto più dolente, le sanzioni che si possono ricevere se si viene fotografati dall’autovelox. Ovviamente le multe sono commisurate all’entità della violazione e inoltre, la legge prevede una piccola tolleranza, quella del 5% sui limiti di velocità, entro il quale non succede nulla.

Per percentuali superiori le cose sono diverse e, come scritto prima, le pene sono commisurate alla gravità dell’infrazione. Se si infrange la velocità massima di 10 km/H la sanzione parte da 39 euro. mentre quella massima può raggiungere i 3.119 euro. Ovviamente stiamo parlando di numeri alti, per chi viaggia a più di 60 Km/h rispetto al massimo consentito.

Oltre alle sanzioni pecuniarie, questo tipo di infrazioni prevedono anche la decurtazione di punti dalla patente. Inoltre, se si ha la patente da meno di tre anni i punti persi vengono raddoppiati.

Autovelox o meno, ricordiamoci sempre di guidare con prudenza e di goderci al meglio l’estate.


Come superare la paura di guidare?

L’amaxofobia (dal greco hàmaxa, carro, e phobos, paura) è la paura di guidare: la sensazione di ansia, paura o disagio che la persona prova nel mettersi alla guida.
La persona, che ha conseguito la patente, non riesce a guidare, bloccata dall’ansia.
La paura di guidare è innescata da situazioni specifiche come il guidare da soli o di notte e in autostrada, attraversare gallerie e ponti o percorrere lunghe distanze, lontano dalla zona di comfort.

I sintomi dell’amaxofobia o paura di guidare

La patologia si manifesta nella realtà, ovvero quando la persona si mette alla guida o nelle fantasie anticipatorie, al solo pensiero di mettersi alla guida.
I sintomi più comuni sono la respirazione affannosa, l’aumento del battito cardiaco, la sudorazione alle mani, tremore, agitazione e nausea, mal di testa e vertigini.
Se non curata, la paura di guidare può essere davvero invalidante.
In chi manifesta un’ansia anticipatoria, questi sintomi si verificano prima di mettersi alla guida.
In generale l’amaxofobia può essere un disturbo fobico semplice o presentarsi in concomitanza con altri disturbi, come l’ansia da separazione, l’agorafobia, la claustrofobia e la mancanza di controllo sulla situazione circostante.

Come si manifesta? Alla base si riscontra un forte senso di insicurezza e poca fiducia nelle proprie capacità, pertanto, soprattutto nell’ansia anticipatoria, la persona prefigura catastrofi alla guida e nel tentativo di placare il senso di disagio, mette in atto strategie di evitamento, cioè evita di guidare o lo fa sempre in compagnia di altre persone.
Spesso questa fobia è la conseguenza di un incidente o di un evento traumatico, altre volte, compare in periodo di particolare stress e vulnerabilità.

Come guidare senza ansia: terapia e altre strategie

Quando la paura di guidare diventa invalidante e influenza l’autonomia e la libertà di movimento della persona, è il caso di ricorrere a percorsi terapeutici specifici.

Molto utili le tecniche di rilassamento come la desensibilizzazione sistematica, che affronta e supera una alla volta le situazioni negative legate alla guida e la terapia cognitivo-comportamentale: il paziente apprende tecniche di autocontrollo emotivo per gestire gli stati ansiosi.
La psicoterapia rimane la scelta migliore, soprattutto per i casi più gravi, ma si può cercare di combattere l’ansia alla guida con strategie pratiche:
-allenarsi a guidare esponendosi a dosi controllate di ansia: allontanarsi piano piano con la possibilità di poter tornare indietro genera rinforzi positivi che ridimensionano la paura.
-occuparsi della propria vettura: i controlli periodici e la pulizia dell’auto aumentano la sensazione di sicurezza e stabilità.
-ascoltare della musica: rilassa e distrae
-fare esercizi di respirazione, utili a rallentare il battito e attivare il nervo vago
-parlare a telefono con qualcuno, utilizzando gli auricolari ovvio!!!

L’ansia alla guida è molto più diffusa di quello che immaginiamo, questo non vuole dire essere deboli o incurabili, anzi riconoscere i sintomi è il primo passo verso una guida serena.

Leggi anche come gestire la situazione con l’auto in panne.

Guidare con le infradito, ecco cosa dice il Codice

In estate l’utilizzo di infradito è molto frequente e sicuramente ti è capitato di guidare scalzo o in infradito o di farlo anche per tragitti piccoli, ma ti sei chiesto cosa dice la legge?

Sicuramente l’abbigliamento da spiaggia non è adatto alla guida: le ciabatte fanno perdere di sensibilità all’uso dei pedali e possono incastrarsi. Il controllo dei pedali risulta meno efficace, poiché il rischio è quello che la ciabatta o la calzatura si incastrino sotto il pedale, impedendo la frenata tempestiva.
Per una guida in sicurezza, è necessario indossare calzature ergonomiche e aderenti al piede.

Infradito: le indicazioni suggerite

Nella maggior parte dei paesi europei guidare in infradito non è vietato esplicitamente.
Il Codice della Strada non fornisce indicazioni precise sulle calzature da indossare alla guida o almeno non vieta esplicitamente l’indosso di tacchi alti o infradito.
Secondo quanto riportato dalla Polizia Stradale: “Non esiste più alcun divieto dal 1993 circa l’uso di calzature di tipo aperto (ciabatte, zoccoli, infradito) durante la guida di un veicolo né è vietato guidare a piedi nudi.
Il conducente deve autodisciplinarsi nella scelta dell’abbigliamento e degli accessori al fine di garantire un’efficace azione di guida con i piedi (accelerazione, frenata, uso della frizione).”
Quindi l’automobilista è chiamato ad autodisciplinarsi nella scelta dell’abbigliamento e degli accessori.

La Cassazione si è pronunciata in merito a sfavore degli automobilisti con sentenza del 24 maggio 1978, numero 6401: “Lo slittamento del piede dal pedale del freno non costituisce caso fortuito, ma imperizia del conducente e quindi trattasi di condotta sicuramente colposa.”
La responsabilità ricade sul guidatore, che ha indossato la calzatura sbagliata al volante.

E Il Codice della Strada?
Pur non sanzionando il guidatore in infradito, Il CdS fa riferimento alla guida in sicurezza negli art. 140 e 141

  • Art. 140: Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e che in ogni caso sia salvaguardata la sicurezza stradale.
  • Art. 141: Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.

L’assicurazione e la guida con calzature inadatte

Guidare scalzi è permesso dalla legge, ma potrebbero esserci problemi in caso di incidente, infatti se sul verbale viene riportato l’indosso di calzature inadeguate, il rischio è quello che l’assicurazione non risarcisca il danno, rivalendosi sull’automobilista.
Se si riesce a dimostrare che il tacco ha impedito di frenare e che l’infradito non ha permesso di reagire con tempestività ed energia, allora la Compagnia può riconoscere un rimborso ridotto.

Oppure, dopo aver pagato i danni causati, chiedere all’automobilista la cosiddetta rivalsa per non aver rispettato il Codice della Strada, a meno che nel contratto RCA non si sia firmata la clausola di rinuncia alla rivalsa per infrazioni al Codice.

Il consiglio è quello di indossare calzature comode nel tragitto e di cambiare appena arrivati a destinazione.



Pneumatici: l’importanza della pressione giusta

Ogni veicolo, per garantire prestazioni efficienti, ha bisogno di costante manutenzione ordinaria delle proprie ruote.
Infatti, a seguito di un utilizzo prolungato tendono a perdere pressione e a compromettere l’esperienza di guida.
Cosa accade quando la pressione delle ruote non è ottimale?  Vediamolo insieme.
Cosa accade se le ruote risultano sgonfie o troppo gonfie?

Innanzitutto, quando la pressione dei pneumatici è più bassa aumenta l’allungamento degli spazi in frenata del veicolo e la manovrabilità dello sterzo è resa più pesante.
Inoltre, viaggiare con la pressione gomme auto inferiore al valore indicato, comporta un aumento del consumo di carburante.
D’altra parte invece, se troppo gonfie, le ruote diminuiscono di aderenza sulla strada causando l’usura anticipata del mezzo.

Quale sarebbe la pressione corretta?

Ovviamente ogni ruota presenta dei valori specifici e per conoscerli basta cercarli nella documentazione del veicolo, dove sono presenti tutti i dati relativi alla pressione pneumatici.

Iniziamo fissando alcuni concetti base.
L’unità di misura utilizzata è la bar. Le gomme estive, in genere, hanno un valore che oscilla tra i 2.0 e i 3.0 bar. Quelle invernali invece presentano un aumento di O,2 bar, a causa del freddo che provoca una leggera diminuzione della pressione.
A partire dal 2014 infatti, ogni auto per essere omologata deve essere dotata di TPMS, (acronimo di Tyre Pressure Monitoring Systems), un sistema automatizzato di monitoraggio in grado di segnalare eventuali anomalie della pressione.

Lo strumento che viene utilizzato per verificare la pressione delle gomme è chiamato manometro. Una volta collegato alla valvola dei pneumatici, permette di aumentare o ridurre il gonfiaggio in base al valore indicato. È bene ricordare che la pressione di gonfiaggio dei pneumatici va misurata quando questi sono freddi. I valori presi da una ruota surriscaldata infatti risultano superiori a quelli reali.

Fai attenzione, perché oltre alla pressione andrà controllato lo stato d’usura del pneumatico e lo spessore del battistrada. La presenza di piccoli tagli infatti può essere molto pericolosa, poiché può provocare lo scoppio della ruota stessa.
Infine, ricorda di controllare anche la pressione di gonfiaggio della ruota di scorta: in caso di necessità è fondamentale che sia pronta all’uso!

Parti in sicurezza, fai prima un controllo dello stato di salute dei tuoi pneumatici.

Rotatorie: cosa c’è da sapere

Quando siamo alla guida di un veicolo in prossimità di un incrocio, quasi sicuramente ci imbatteremo in quello che viene identificata come “rotatoria”.
Ma cosa sono queste rotatorie? E perché sempre più spesso vengono preferite ai semafori?

Iniziamo col dare una breve definizione: una rotatoria è un tipo di intersezione fra diverse strade sviluppato intorno ad uno spartitraffico circolare. Questo rappresenta una novità nel mondo della circolazione poiché trova la sua diffusione in epoca relativamente recente.

All’inizio c’erano i semafori!

Fino a qualche decennio fa, in prossimità di ogni grande incrocio, la viabilità era regolamentata essenzialmente da questo strumento di segnalazione luminosa. Il semaforo lo conosciamo bene, con la luce rossa il veicolo deve stare fermo e rimettersi in movimento solo quando si accende la luce verde.

Se vuoi approfondire, ne abbiamo discusso qui: Buon compleanno semaforo!

A partire dagli anni ’90, in ritardo comunque rispetto agli altri Paesi europei, però le cose hanno iniziato a cambiare. In prossimità di sempre più incroci si è iniziato a sostituire la segnaletica semaforica con la costruzione di rotatorie. Da ricordare che la prima rotatoria in Italia viene costruita a Lecco nel 1989.

Questa progressiva sostituzione ovviamente non è casuale: le rotatorie portano diversi benefici rispetto ad altri tipo di segnalazioni.

Benefici economici: i semafori hanno continuamente bisogno di manutenzione e per funzionare hanno bisogno di energia elettrica.

Benefici sulla mobilità: in prossimità di una rotatoria, il conducente non deve fermarsi ogni volta aspettando il verde e questo ovviamente garantisce una fluidità maggiore del traffico automobilistico.

Come si affronta una rotatoria?

Trattandosi, come accennato prima, di una diffusione relativamente recente, non molti sanno come comportarsi quando si entra in una rotatoria. A scuola guida spesso non si approfondisce l’argomento e addirittura nel Codice della Strada non sono ancora presenti normative specifiche. Capite bene quanto sia facile andare in confusione.

Le rotatorie si distinguono in:

  • Rotatoria all’italiana o tradizionale o con la regola della precedenza a destra

In queste rotonde mancano i segnali del dare precedenza e chi procede all’interno dell’anello deve dare precedenza a chi si immette.
È evidente che il sistema genera traffico e intasamento nell’intersezione.

  • Rotatoria alla francese o di nuova concezione

In queste rotatorie chi entra trova il segnale di “dare la precedenza” pertanto deve lascia scorrere chi si trova all’interno dell’anello. Appare evidente che con questa soluzione la scorrevolezza del traffico è garantita ottenendo notevoli benefici poiché la rotonda rimarrà sempre libera.

  • Rotatorie mista

Si possono trovare anche rotatorie nelle quali gli obblighi ed il diritto di precedenza non sono uniformi su tutti i bracci che portano all’anello per cui è fondamentale osservare la segnaletica presente. Tali rotatorie possono pertanto essere un miscuglio delle due precedenti.

E le frecce?

Per entrare in una rotonda ovviamente dobbiamo mettere la freccia a sinistra, come se ci si immettesse in una qualsiasi strada. Quando invece si deve uscire dalla rotatoria dobbiamo usare la freccia a destra, che per buona convenzione andrebbe inserita un’uscita prima di quella che utilizzeremo.

Quando ci troviamo a percorrere rotatorie con più di una corsia, tendenzialmente dovremmo occupare la carreggiata più a destra. Nel caso ci volessimo spostare lo possiamo fare, sempre comunque utilizzando le frecce per segnalare i nostri spostamenti.

Nonostante la sempre più crescente diffusione nel territorio, le rotatorie possono ancora adesso rappresentare un problema per l’automobilista.

Per questo motivo il consiglio che diamo è quello di usare la massima cautela, di utilizzare le corsie della rotatoria senza tagliare la strada a nessuno e di segnalare gli spostamenti in anticipo.